Cos’è lo sport amatoriale? Che sapore ha?
A volte mi domandano: “chi te la fa fare…?”
E a volte, me lo domando anche io: lasciare la famiglia ed il lavoro, affannarsi per non arrivare in ritardo, faticare e, per fortuna non spesso, vivere arrabbiature e dispiaceri…
Ma poi scopro che non sono il solo pazzo innamorato e ritrovo tutte le mie emozioni ed i miei perché in questo testo:
Ecco ci siamo.
Come passano veloci 30 anni.
Quando ho iniziato a 6 anni, non potevo sapere che questo sport mi avrebbe fatto conoscere quelli che ad oggi sono ancora gli amici di una vita. Come potevo sapere che stare in uno spogliatoio mi avrebbe insegnato come stare al mondo ancora prima di poterlo esplorare?
Non ricordo esattamente quando mi sono innamorato del pallone ma una cosa che so è che questo sport mi ha condizionato la vita: ho pianto, riso, sofferto e gioito per il pallone.
Ho provato a non dormire per il pallone o alzarmi cinque minuti prima che suonasse la sveglia per il pallone.
Provare a spiegarlo a chi non ha questa passione è sempre stato difficile, quante volte in 30 anni ho sentito: «Ma chi te lo fa fare», «Ma cosa vuoi che sia se salti un allenamento», «Guarda che non giochi in Serie A».
Anche se non gioco in Serie A, andare al campo mi ha reso felice. È stato come entrare in una macchina del tempo, perché quando fai la borsa per andare a giocare torni bambino e non ti accorgi del tempo che passa. Come se tutto per due ore si fermasse.
Anche domani facendola accadrà la solita magia, con la differenza che la sera svuotandola per l’ultima volta non si tornerà più indietro.
Da quel momento avranno sempre meno importanza i ricordi delle vittorie, delle sconfitte o dei “nemici” storici, non mi interesseranno più le categorie o le classifiche.
Lentamente svaniranno tutte le corse e i sacrifici per non far tardi all’allenamento o il tempo speso in ferie per arrivare in forma alla preparazione.
Quello che invece per sempre rimarrà saranno le risate e gli scherzi negli spogliatoi, i tragitti in macchina con i compagni e la musica a manetta, le docce senza fine per parlare con gli amici, gli abbracci dopo un gol e le partitelle all’ultimo sangue.
I compagni di squadra sono sempre stati sacri per me, il gruppo prima di tutto.
Di ognuno di loro, anche di quelli dei primi anni, ho un ricordo che mi strappa un sorriso perché compagni di squadra lo si è per sempre.
Fortunatamente sono nato scarso e non l’ho mai fatto per soldi, ho passato la mia vita nei dilettanti e ho giocato solo per questo, per avere un giorno questi ricordi.
Si.
Ora so cosa rispondere a chi mi chiederà «Ma chi te l’ha fatto fare?».
(credit: cronachedispogliatoio.it)
Vedete, io credo che questo testo dovrebbe trovare posto nella stanza del Ministro dello Sport. Da qui, da queste emozioni, si parte per una presa di coscienza civica che sappia riattivare meccanismi virtuosi sulle politiche per lo sport, comprese quelle sull’edilizia sportiva.
Creare dal nulla una struttura sportiva o rendere utilizzabile un “campo di gioco” esistente e trascurato, vuol dire creare opportunità di crescita sociale.
Perché, come ha detto Nelson Mandela, “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione”.
Per l’Associazione Maestrale
Avv. Fabiano Pezzani