Ho assistito qualche giorno fa ad un episodio disdicevole: stavo passeggiando per le vie della Città, quando d’un tratto ho notato un gruppetto di ragazzini molto agitati, che avranno avuto una decina d’anni, intenti a rincorrere due fidanzati con aria quasi minacciosa.
Ho chiesto delucidazioni ad uno dei ragazzi, che con aria spavalda mi ha risposto: “questi romani (riferendosi ai fidanzati) di m**** devono andare via”.
Continuando a non capire, sono rimasto ad osservare la scena: dopo qualche minuto ho notato l’arrivo di alcuni adulti e solo dopo ho scoperto che gli stessi erano i genitori dei ragazzini.
Un membro del gruppo nel frattempo si affannava a raccontare al padre l’accaduto, sostenendo di aver fatto scappare alcuni turisti, quasi a vantarsi di quanto appena fatto.
A quel punto ho preferito allontanarmi, le mie orecchie avevano già udito abbastanza.
Mi chiedo: perchè un gruppo di “bambini” compie un simile gesto?
Dopo essermi arrovellato, ho cercato di darmi una risposta: mi sono reso conto che purtroppo i ragazzi, nella loro incoscienza e purezza, recepiscono velocemente i messaggi lanciati dalla nostra società e che, dunque, hanno agito così nel tentativo di emulare qualche bontempone.
Ciò che mi ha maggiormente colpito è la frase di uno dei ragazzi, che riporto testualmente: “Io gliel’ho detto… siamo calabresi… sta arrivando mio padre a spaccarvi la faccia”.
Il termine “calabrese” usato in senso dispregiativo mi ha fatto inorridire.
Non potevo credere a quello che stavo sentendo, eppure era tutto vero. Un bambino – perché sostanzialmente di questo si tratta – ha accostato la propria arroganza e il proprio senso di prevaricazione verso lo “straniero” all’appartenenza territoriale.
Non nego che quanto accaduto mi ha turbato.
Devo dire che ho rilevato una totale assenza di cultura della legalità… e questo fa male.
Per evitare che episodi simili si ripetano, bisognerebbe attivare processi di educazione civica ed alla legalità. Le scuole di appartenenza, insomma, dovrebbero – e già in molti casi lo fanno egregiamente – educare i bambini al rispetto delle regole del vivere civile.
Da ragazzini si è attirati dal fascino della trasgressione alle regole, questo è un fatto fisiologico, ma dal trasgredire le regole ad arrivare al punto di ostentare un atteggiamento pseudo-mafioso ce ne passa.
La nostra terra paga un dazio quotidiano: una parte del popolo calabrese tende a nascondere le nostre lacune culturali e sociologiche evocando la n’drangheta, un termine spesso abusato.
…e diciamoci la verità: in molti casi questo fa anche comodo.
La criminalità organizzata penalizza gravemente le nostre comunità, ne sono certo.
Ma non possiamo permetterci il lusso di adagiarci sugli stereotipi , addossando tutte le colpe dei nostri insuccessi al malaffare.
Mi sia consentito dire, provocatoriamente, che l’altro male assoluto è costituito da quei “cittadini comuni”, che – in barba alle regole – credono di poter compiere qualsiasi gesto, incuranti del danno (anzitutto sociologico) che possono causare a se stessi e alle generazioni future.
Non occorre allontanarci dalla nostra Città per trovare qualche esempio: abbiamo assistito, negli ultimi mesi, a gravi atti di vandalismo (tra tutti il rovesciamento dei vasi in via Toselli ed i furti di piantine).
Si tratta di un segno tangibile di grave inciviltà e poco rispetto per il lavoro di chi si spende quotidianamente per il bene comune.
Come si può pretendere che i nostri ragazzi, ogni giorno sottoposti a pessimi esempi, non si lascino andare alle peggiori emulazioni?
Io non mi arrenderò mai all’idea che questa terra debba essere destinata al degrado.
Abbiamo la necessità e il dovere di cambiare rotta ed il riscatto deve partire proprio dalle nuove generazioni.
E’ necessario percorrere con i nostri ragazzi un cammino volto ad affermare la morale del rispetto delle regole.
Un cammino quotidiano che parta dal buon esempio quotidiano dei piccoli gesti.
Per l’Associazione Maestrale
Rocco Misale